Tra curiosità e storia, prendete spunto dai matrimoni marchigiani di una volta per realizzare una cerimonia spettacolare e originale.
Il matrimonio della tradizione contadina marchigiana
Nei primi anni del novecento, un matrimonio contadino era scandito da momenti fondamentali. Un sabato sera, ad esempio, i genitori erano soliti incontrarsi a casa della neo sposa “p’accomodasse per ‘l compromesso”. In altre parole, quest’occasione era dedicata a stabilire sia la dote sia la data del matrimonio. Questa doveva cadere di giovedì se il futuro sposo lavorava con l’aratro in grandi appezzamenti oppure di sabato se lo sposo era mezzadro di un podere modesto.
In quello stesso giorno, se i due fidanzati avevano degli ex, gli amici più burloni preparavano l’impajicciata: servendosi della paglia, tracciavano il percorso che dall’abitazione dei futuri sposi conduceva fino a casa dei rispettivi ex, e ammassavano sui loro pianerottoli residui di aglio e foglie di fico.
Una settimana prima del matrimonio, invece, veniva organizzato l’accuncio. Si trattava di un corteo fatto di sole donne che trasportava la robba della futura sposa nella casa nuziale. Questo trasloco rituale avveniva servendosi di un birrocchio trainato da due buoi elegantemente abbelliti con fiocchi nuziali.
Nel fatidico giorno del sì, tutto il paese era coinvolto e all’uscita dalla chiesa tutti facevano a gara per vedere da vicino i novelli sposi. La prima tappa obbligatoria per la coppia d’innamorati era la dimora della sposa, dove la madre di lei donava ciambelline di vino e zucchero. Poi si andava verso la casa degli sposi, dove ad attenderli c’era la madre dello sposo con il mazzo di chiavi appeso alla cintura, a simboleggiare il suo ruolo in casa. La suocera quindi pronunciava le fatidiche parole “Porti la pace o porti la guera nella mia casa?” e la sposina rispondeva: “Porto la pace”. A questo punto la suocera ribatteva “La pace ce porti e la pace c’artrovi!”. Esplodeva quindi la gioia e, mentre i festeggiamenti avevano inizio, la sposina era accompagnata “per pijà possessone” della sua futura casa.
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